Ricerca italiana scopre come il virus Zika si trasmette al feto

In uno studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports (gruppo Nature) un team di ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, guidato dalla dott.ssa Elisa Vicenzi, capo dell’Unità Patogeni Virali e Biosicurezza, e dalla dott.ssa Paola Panina, del Laboratorio di Scienze Riproduttive, ha identificato una potenziale “porta di accesso” del virus Zika al feto. Tale virus è conosciuto perché può provocare microcefalia e altre malformazioni neurologiche del feto.

Il virus, trasmesso principalmente attraverso la puntura di alcuni tipi di zanzara (presenti in Florida, Brasile e altre aree del Sudamerica, ma non in Italia), ma anche mediante trasfusione di sangue infetto o per via sessuale da un partner contagiato, può raggiungere i tessuti dell’apparato genitale femminile. I ricercatori del San Raffaele hanno dimostrato che le cellule del rivestimento interno dell’utero, lo stroma endometriale, sono particolarmente suscettibili all’infezione del virus, soprattutto sotto l’influenza del progesterone, l’ormone che regola la seconda fase del ciclo mestruale (15°-28° giorno). Queste cellule, che all’instaurarsi di una gravidanza contribuiscono alla formazione della placenta, rappresenterebbero quindi un’importante “stazione intermedia” da cui il virus potrebbe raggiungere il feto. “In sostanza, questo studio sottolinea una particolare vulnerabilità del tratto genitale femminile all’infezione da virus Zika e apre la strada a ricerche future sul potenziale ruolo degli ormoni femminili nel favorire l’infezione”, spiega la dott.ssa Vicenzi. “Sarà importante verificare – aggiunge la dott.ssa Panina – se, oltre alle cellule stromali, anche le cellule epiteliali e le cellule del sistema immunitario presenti nel tessuto endometriale possano rappresentare un bersaglio del virus, e quindi contribuire alla diffusione dell’infezione al feto e/o al partner sessuale.”

Questo studio è stato possibile grazie alla collaborazione dell’Unità di Ginecologia e Ostetricia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e rappresenta il frutto di un’importante collaborazione con l’IRCCS Lazzaro Spallanzani di Roma che ha fornito i virus utilizzati nello studio.