Attraverso una sperimentazione nella terapia sub intensiva Covid dell’ospedale Cotugno di Napoli e un lavoro scientifico di ricerca portato avanti nell’ambito del consorzio Itme – International Translational Research and Medical Education, creato dall’università Federico II in collaborazione con l’Albert Einstein Institute of Medicine di New York, e il coinvolgimento della casa farmaceutica Damor, sono stati approfonditi alcuni dei meccanismi fisiopatologici dell’infezione da SARS-CoV-2, con particolare riferimento alla disfunzione dell’endotelio che il virus può creare. Diversi studi hanno osservato che pazienti diabetici e/o con ipertensione arteriosa, con alterata funzione endoteliale, hanno avuto complicanze gravi dopo il contagio da coronavirus, con fenomeni tromboembolici e infiammatori, come polmoniti e miocarditi. Molte delle complicanze sembrano legate alla disfunzione endoteliale, a una tempesta infiammatoria di citochine, a uno stato di ipercoagulabilità. L’endotelio, tessuto di cellule che rivestono le pareti interne del cuore e dei vasi, modula l’aggregazione piastrinica, i processi coagulativi, contribuisce all’immunità innata, riduce l’infiammazione, regola le resistenze vascolari, protegge mediante antiossidanti dall’effetto nocivo dei radicali liberi dell’ossigeno. È dunque fondamentale preservarne e migliorarne la funzione.
Lo studio, pubblicato su Eclinicalmedicine, ha evidenziato che nei pazienti ricoverati con infezione grave da Covid-19, supportando le tradizionali terapie farmacologiche con la supplementazione di L-arginina – aminoacido che presiede la produzione di ossido nitrico e citrullina da parte della cellula endoteliale – si sono dimezzati i tempi di degenza ospedaliera e si è ridotta la necessità del supporto ventilatorio. Nella collaborazione sono stati messi in luce i presupposti per un trattamento utile anche nella fase post-Covid, attualmente in fase di sviluppo presso l’istituto Albert Einstein di New York.