
Afasia e disfagia, i disturbi cioè del linguaggio e della deglutizione, sono tra le conseguenze maggiormente disabilitanti dell’ictus, con un forte impatto sulla qualità di vita, non solo delle persone colpite ma anche di familiari e caregiver. L’afasia colpisce circa il 30% dei pazienti, mentre si stima che una percentuale compresa tra il 45 e il 67% dei pazienti soffra di disfagia entro i primi 3 giorni dall’evento, con vari livelli di gravità, dalla occasionale difficoltà a deglutire solo alcuni tipi di alimento alla totale impossibilità di alimentarsi, nei casi più gravi arrivando anche a non gestire la propria saliva.
Il logopedista è la figura chiave per entrambe le problematiche, occupandosi infatti di tutti i problemi della comunicazione, soprattutto di natura foniatrica e neurologica. La durata del trattamento è variabile: può durare tutta la vita, anche se il lavoro più intenso e importante è quello che si svolge nei primi 12 mesi; dopo questa prima fase, ci si focalizza su quella che può essere considerata la riabilitazione “sociale”. I disturbi del linguaggio, così come quelli della articolazione e della deglutizione, vanno valutati e monitorati da subito per capire prima di tutto se il paziente comprenda il linguaggio o se abbia necessità di supporti comunicativi per quegli scambi di informazioni che spesso e nell’immediato sono indispensabili.
“Il logopedista va coinvolto fin dai primi giorni dopo l’evento ed è necessario interfacciarsi con le altre figure professionali per monitorare i cambiamenti quotidiani anche in rapporto allo stato clinico generale del paziente”, dichiara la dott.ssa Daniela Fossa, logopedista, S.C. Recupero e Riabilitazione Funzionale, E.O. Ospedali Galliera di Genova. “Il trattamento riabilitativo, che inizia dopo il ricovero una volta che il paziente sia clinicamente stabilizzato, prosegue nel tempo, spesso anche a lungo, nella prospettiva del miglior recupero funzionale possibile e del miglior reinserimento famigliare e sociale.”
Il logopedista si occupa prevalentemente di disturbi della deglutizione, dell’articolazione e del linguaggio, inteso come competenza della lingua: questi sintomi, nelle diverse fasi, vanno affrontati non solo con le migliori metodiche e strategie riabilitative, ma anche attraverso il counselling, cioè una serie di consigli e informazioni al paziente e a chi si relazione a lui, che derivano da una attenzione specifica delle necessità cliniche ed emotive di ogni singolo paziente, delle sue capacità e dei suoi tempi di reazione alle varie difficoltà, dei cambiamenti che via via si riscontrano.
Dopo la fase acuta del ricovero ospedaliero, inizia il periodo più difficile: quello della riabilitazione che può essere fisioterapica e logopedica o solo logopedica presso un ambulatorio di zona. È qui che si trova a fare i conti con gli esiti dell’ictus: non è più un paziente ma una persona, colpita da quell’episodio traumatico che l’ha lasciata senza parole, e deve reinserirsi nel proprio tessuto familiare e sociale adattandosi a questa nuova e spesso dolorosa situazione. “È in questa fase che si evidenziano maggiormente le conseguenze della sua perdita e questo può incidere gravemente sul suo benessere psico-sociale”, spiega la dott.ssa Nicoletta Reale, presidente di A.L.I.Ce. Italia Odv, Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale. “È qui che la figura del logopedista assume un ruolo fondamentale: l’afasia non garantisce più il collegamento tra le parole ed i significati e quindi viene meno la possibilità di esprimere i propri pensieri e desideri. Tra tutte le disabilità legate all’ictus l’afasia può essere considerata la più crudele perché lascia la persona senza parole, isola l’individuo, rendendolo soggetto a depressione, rabbia, frustrazione.”