La malattia da graffio di gatto è un’infezione causata dal batterio Bartonella henselae; la trasmissione avviene tramite il graffio o il morso di un gatto infetto. Solo nel corso degli anni ‘90 si è pervenuti all’identificazione di Afipia felis e Rochalimaea henselae, poi rinominato Bartonella henselae, quali agenti responsabili dell’infezione. Anche la pulce del gatto può essere un ulteriore vettore e i bambini ne sono affetti più frequentemente.
Dopo 3-10 giorni dal morso o dal graffio, la maggior parte dei pazienti sviluppa una papula eritematosa, crostosa (raramente una pustola) nel sito del graffio. Entro 2 settimane si sviluppa una linfoadenopatia regionale. All’inizio i linfonodi sono fissi e di consistenza molle, successivamente diventano fluttuanti e possono drenare con formazione di fistole. Febbre, malessere, cefalea e anoressia possono accompagnare la linfoadenopatia cioè l’ingrossamento dei linfonodi. Se il sistema immunitario è compromesso, l’infezione può diffondersi a tutto il corpo e, in assenza di trattamento, può provocare il decesso. La diagnosi è tipicamente confermata dalla positività del titolo anticorpale nel siero, e si raccomanda sempre di testare i sieri della fase acuta e convalescente a distanza di 6 settimane, oppure dalla biopsia dei linfonoodi.
Il trattamento consiste nell’applicazione locale di calore, analgesici e talvolta antibiotici. In particolare nelle persone con sistema immunitario sano è sufficiente l’applicazione di calore sulla zona infetta e l’assunzione di antidolorifici. A volte può essere necessario un antibiotico come l’azitromicina per impedire che la malattia si diffonda. Tuttavia, gli antibiotici sono necessari per i soggetti che hanno un sistema immunitario compromesso e nei quali la malattia si è diffusa. In ogni caso dovrà essere sempre il medico che visita il paziente a consigliare la giusta terapia.