Sigarette elettroniche e sindrome polmonare. La puntualizzazione del prof. Fabio Beatrice

“Al momento le autorità sanitarie statunitensi non sono in grado di spiegare l’epidemia di malattie polmonari che si sta verificando. Ma nella maggior parte dei casi i consumatori interrogati hanno riferito di aver caricato le sigarette elettroniche con liquidi contenenti THC, il principio attivo della marijuana”, spiega il prof. Fabio Beatrice, Direttore ORL e Centro Antifumo Ospadale San Giovanni Bosco di Torino. “Un uso improprio di un device elettronico con l’inalazione di sostanze stupefacenti o di altra pericolosa natura espone ovviamente a gravi rischi per la salute legati alla natura stessa delle sostanze e non della modalità con cui vengono inalate.”

Numeri quadruplicati nelle ultime settimane, con 215 casi “possibili” in 25 Stati e 1 decesso in Illinois che ha contribuito al panico tra le autorità sanitarie locali. Il Dipartimento della Salute della città di Milwaukee, infatti, ha recentemente diffuso un comunicato di allarme relativamente a 16 persone ricoverate per aver sviluppato una polmonite chimica dopo aver utilizzato dispositivi per il fumo elettronico; per uno dei pazienti non vi è purtroppo stato nulla da fare. Quello che è stato poco adeguatamente sottolineato è che il liquido usato per lo “svapo” non era un semplice aroma con o senza nicotina ma che i dispositivi erano stati caricati con olii a base di marjiuana, estratti o concentrati. Questo dato fa una enorme differenza e sposta l’allarme non sul fumo elettronico in sé ma sui prodotti di consumo. Infatti non vi è alcuno dei 16 malcapitati che abbia sviluppato la polmonite a seguito dell’uso di liquidi legali, controllati e disponibili sul mercato. La maggior parte dei pazienti si è rivolta ai Pronto Soccorso riferendo difficoltà di respirazione e dolore al petto. È diffusa infatti l’abitudine tra gli svapatori di creare da sé le miscele da inserire nel dispositivo elettronico, spesso a partire da materie prime alimentari e non solo; una modalità di consumo che prevede anche l’uso di sostanze a base di THC, cannabinoidi di cui non è possibile determinare l’origine, la purezza né tanto meno la concentrazione. Il problema non sarebbe quindi il dispositivo ma l’uso che se ne fa. Quella che hanno contratto i 16 cittadini statunitensi è probabilmente una cosiddetta polmonite “chimica”, una infiammazione dei polmoni che segue all’inalazione di sostanze chimiche come gas inalati sul luogo di lavoro, pesticidi e fertilizzanti per l’agricoltura diffusi nell’aria dei campi ma può essere causata anche dall’inalazione del fumo scaturito dalla prossimità di un incendio. E, per la proprietà transitiva, anche per qualsiasi sostanza non controllata come additivi, alimenti, aromi o stupefacenti diluiti e poi inseriti nella sigaretta elettronica per cercare nuovi sapori o sballo. Non è molto diverso da quello che avviene nei fumatori di crack, solo che i dati epidemiologici sul consumo di sostanze illegali non arrivano all’attenzione dei pronto soccorso se non in casi gravissimi.