Come affrontare la sindrome infiammatoria acuta da covid-19 in età neonatale

Impatto del COVID-19 sulle emergenze pediatriche e neonatali: perché la scelta degli anestesisti italiani riuniti a congresso (SIAARTI) si è concentrata su questo tema? “Fin dalle prime fasi della pandemia sia le famiglie che le autorità sanitarie ed i caregiver si sono preoccupati di quanto i bambini sarebbero stati colpiti dall’infezione da Covid-19 e soprattutto di quale sarebbe stata la gravità dell’infezione nel soggetto in età pediatrica”, dichiara il prof. Giorgio Conti, direttore della UOC Terapia Intensiva Pediatrica e Trauma Center Pediatrico del Policlinico Gemelli di Roma. “Fortunatamente già dai primi studi (realizzati in Cina e confermati da numerosi studi successivamente realizzati in Europa ed USA) è apparso evidente come i bambini e gli adolescenti colpiti, oltre ad essere molto spesso asintomatici, presentino una suscettibilità all’infezione pari a meno della metà rispetto agli adulti.”

Le evidenze scientifiche disponibili indicano infatti come nei pazienti pediatrici l’infezione causata da SARS-CoV-2 si manifesti con un andamento clinico più favorevole rispetto all’adulto. I bambini hanno infatti una letalità decisamente inferiore e si aggira intorno allo 0,06% nella fascia di età 0-15 anni. “Tuttavia – precisa Conti – anche se i sintomi del Covid-19 nei più piccoli sono spesso assenti o lievi, l’infezione in alcuni casi può comportare lo sviluppo di complicanze o forme cliniche peculiari e potenzialmente molto gravi come la sindrome infiammatoria acuta multisistemica in età pediatrica, che, soprattutto in Nord Europa ed USA, è stata caratterizzata da gravi complicanze e mortalità non negligibile, richiedendo di norma il ricovero in Terapia Intensiva Pediatrica. Soprattutto se parliamo di soggetti con meno di un anno di età e/o in presenza di patologie preesistenti, i bambini colpiti da Covid-19 possono richiedere un elevato livello di cure intensive.”

“I nostri studi hanno espresso una parola definitiva sull’infezione da SARS-CoV2 nel neonato; si pensava impossibile la trasmissione, ma purtroppo non e così: nella metanalisi che abbiamo realizzato su 176 casi registrati in tutto il mondo, il 30% di questi bambini è infettato verticalmente; il 70% orizzontalmente da genitori e caregiver”, dichiara il prof. Daniele De Luca, Direttore della divisione di Neonatologia presso l’Università Paris-Saclay e presidente eletto della Società Europea di Terapia Intensiva Pediatrica e Neonatale. I risultati principali degli studi pubblicati su Nature Communication da De Luca e dal suo team, composto anche da collaboratori italiani a Parigi, indicano che l’infezione ha caratteristiche simili a quelle riscontrabili in soggetti adulti: la metà dei soggetti infatti è asintomatica, l’altra metà presenta invece sintomi respiratori, neurologici, cardiovascolari. La metanalisi indica che la mancata separazione tra bambino e madre – ove questa sia sintomatica e quindi particolarmente infettiva – aumenta significativamente il rischio di infezioni: una certa separazione non va dunque vista come un tabù, ma come una misura temporanea, limitata e di buon senso. In alternativa, ove impossibile il distanziamento, sarà necessario rinforzare l’uso dei DPI e le misure igieniche nell’assistenza ai bambini anche per possibili conseguenze successive.