Un progetto per migliorare la qualità della vita dei pazienti colpiti da sindrome dell’intestino corto (SBS), una rara condizione che coinvolge l’intestino tenue, portando a una riduzione della capacità dell’intestino stesso di assorbire i nutrienti provenienti dall’alimentazione. Le cause della patologia possono essere acquisite – si tratta delle forme più comuni – o congenite. Negli adulti, le principali sono legate a: infarto mesenterico (circa il 45% dei casi), secondario all’ischemia mesenterica arteriosa o venosa; enteropatia cronica, ad esempio post-radiazioni (25% dei casi); complicanze chirurgiche (10% dei casi); malattia di Crohn (5-10% dei casi) e altre cause. Per la forma congenita, la teoria più comune è che la SBS sia legata all’enterocolite necrotizzante, infiammazione dell’intestino che favorisce la penetrazione dei batteri all’interno della parte intestinale, causando danno e morte cellulare e necrosi del colon e dell’intestino. In genere si manifesta nella 2-3a settimana di vita; tra i fattori di rischio figurano il parto pretermine, un basso peso alla nascita, l’allattamento artificiale, ma anche fattori genetici.
I pazienti con SBS sono sottoposti a nutrizione parenterale domiciliare (NAD), terapia salvavita principale per questo tipo di patologia che al contempo ha un grande impatto sulla qualità della vita delle persone affette dalla malattia. Per supportare le persone che convivono con la SBS, Takeda promuove il progetto Referral to Care, una piattaforma che mette in collegamento gli specialisti NAD e gli specialisti che lavorano nei Centri di riferimento per la SBS, costruendo un percorso ad hoc che favorisce la presa in carico con un approccio multidisciplinare, facilitando così il percorso terapeutico. Tecnicamente l’app consente di pianificare visite o day hospital, permettendo così al paziente di accedere rapidamente ai centri di riferimento SBS in modo da essere gestito da un centro multidisciplinare dedicato.
“La SBS è una malattia rara e molto invalidante ed è importante avere contezza di quanti pazienti siano seguiti in maniera appropriata. Molti non afferiscono ad ambulatori specialistici che possono completare il follow-up”, dichiara la prof.ssa Carolina Ciacci, ordinario di Gastroenterologia dell’Università di Salerno, direttore UOC Gastroenterologia della AOU San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno. “Questa piattaforma mette in rete i Centri NAD e i Centri ospedalieri che possono offrire un approccio multidisciplinare in grado di gestire una serie di problemi che si riscontrano negli anni e che vengono seguiti in poche strutture. L’idea è che il paziente non debba affrontare da solo le visite specialistiche prenotandole di volta in volta, ma entri in un sistema di rete, in cui l’organizzazione venga lasciata alla rete stessa.”
“Per tutte le patologie rare è importante creare una rete intorno al paziente con dei Centri che abbiamo una expertise specifica che quindi siano in grado di fare una diagnosi tempestiva e prenderlo in carico con un approccio multidisciplinare”, afferma Giuseppe Limongelli, direttore responsabile del Centro di Coordinamento Malattie Rare della Regione Campania. “Ma non è tutto: ‘rete’ vuol dire anche informazione e formazione, perché i medici di base e gli specialisti devono sapere a chi rivolgersi e come farlo. Dobbiamo guardare ad una sanità declinata sul territorio, come prevede il DM 77. In questo sistema il ruolo dei Centri di Coordinamento è fondamentale affinché il paziente sia seguito in tutto il percorso. Referral to Care è uno strumento che va in questa direzione e che ci aiuta nell’operazione di mappatura dei presidi territoriali, la sfida più grande che vogliamo vincere.”