In occasione dello SLA Global Day, che ricorre il 21 giugno 2024, la Società Italiana di Neurologia SIN sottolinea i significativi progressi nell’ambito diagnostico e terapeutico che la registrati negli ultimi anni nel contrasto a alla patologia, che solo nel nostro Paese colpisce circa 6mial persone, con un’incidenza maggiore di uomini rispetto alle donne. Si tratta di una malattia neurodegenerativa che colpisce i motoneuroni, le cellule del cervello e del midollo spinale che comandano i movimenti dei muscoli. Le persone colpite da SLA perdono gradualmente la capacità di muoversi, parlare, deglutire e respirare; la sopravvivenza media è di 3-5 anni dall’esordio dei primi sintomi. “Per raggiungere una diagnosi sempre più rapida ed accurata, la Ricerca si è focalizzata sull’identificazione di biomarcatori; proteine come la catena leggera del neurofilamento (NfL) nel plasma e nel liquido cerebrospinale sono ora considerate indicatori affidabili della neurodegenerazione e possono essere utilizzati per valutare la prognosi della malattia e la risposta ai trattamenti”, dichiara il prof. Nicola Ticozzi, coordinatore del Gruppo di Studio Malattie del Motoneurone SIN. “Altri biomarcatori emergenti, quali GFAP, tau fosforilata e specifici microRNA, potranno fornire ulteriori informazioni sulla patogenesi della SLA e aiutare nella stratificazione dei pazienti per studi clinici. Sempre in ambito diagnostico, le nuove tecniche di imaging e l’uso di algoritmi di intelligenza artificiale promettono di rivoluzionare il modo in cui sarà identificata la SLA”, continua. “Recenti studi hanno mostrato come l’AI possa analizzare i dati di risonanza magnetica per rilevare cambiamenti precoci nel cervello e nel midollo spinale delle persone con SLA, permettendo una diagnosi più tempestiva ed una migliore caratterizzazione del fenotipo clinico.”
La ricerca scientifica ha inoltre visto importanti scoperte sui meccanismi molecolari della SLA. Studi recenti hanno identificato nuovi geni associati alla SLA e hanno dimostrato come disfunzioni in diverse vie metaboliche cellulari, come il metabolismo dell’RNA, la degradazione delle proteine danneggiate e il trasporto assonale possono causare la morte dei motoneuroni. Parallelamente, continua la SIN, la tecnologia CRISPR-Cas9 sta permettendo ai ricercatori di creare modelli sperimentali di malattia sempre più accurati, facilitando lo sviluppo di nuove terapie. In particolare, l’uso di organoidi cerebrali ha aperto nuove frontiere nella ricerca sulla SLA. Tali organoidi, creati a partire da cellule staminali pluripotenti indotte derivate da persone con SLA, permettono di studiare lo sviluppo e la degenerazione dei motoneuroni in una struttura tridimensionale, che replica più fedelmente l’ambiente del cervello umano rispetto ai modelli bidimensionali tradizionali. Questi organoidi stanno fornendo preziose informazioni sui meccanismi patogenetici e sulla risposta a potenziali terapie.
“Sul fronte terapeutico, gli ultimi anni hanno visto un significativo aumento in termini di varietà e numero di studi dei trial clinici sulla SLA”, afferma il prof. Alessandro Padovani, presidente SIN. “A livello europeo è stata creata la piattaforma TRICALS, che unisce Centri di ricerca in diversi paesi tra cui l’Italia, con l’obiettivo di condurre trial clinici collaborativi e di accelerare lo sviluppo di nuove terapie. Questa innovativa piattaforma consente di valutare diversi trattamenti sperimentali contemporaneamente, aggiungendo o rimuovendo in modo dinamico i trattamenti sulla base di dati di efficacia e di sicurezza raccolti in tempo reale. Questo approccio ha il potenziale di ridurre significativamente i tempi necessari per identificare terapie efficaci rispetto ai trial tradizionali.”
“L’accelerazione della ricerca in ambito terapeutico ha portato nell’ultimo anno all’approvazione da parte dell’Agenzia Europea per i Medicinali EMA di tofersen, un oligonucleotide antisenso (ASO) mirato al gene SOD1, che ha dimostrato negli studi clinici di rallentare la progressione di malattia nelle persone con mutazioni in questo gene”, afferma la prof.ssa Valeria Sansone, ordinario presso l’Università degli Studi di Milano. “Altri studi clinici stanno esaminando terapie basate su ASO per altri geni associati alla SLA e risultati molto incoraggianti, sebbene preliminari, sono stati ottenuti per un ASO mirato al gene FUS.”
Sebbene vi sia ancora molto da fare – conclude la SIN – le innovazioni diagnostiche, la comprensione dei meccanismi molecolari, lo sviluppo di nuovi modelli sperimentali, i nuovi biomarcatori e le terapie emergenti stanno cambiando il panorama della SLA. Questi progressi offrono nuove speranze per una diagnosi precoce, un monitoraggio più preciso della malattia e trattamenti più efficaci, migliorando così la qualità della vita delle persone colpite dalla SLA.