L’Agenzia Italiana del Farmaco ha approvato la rimborsabilità di tofacitinib per il trattamento di pazienti adulti affetti da spondilite anchilosante attiva che hanno risposto in modo inadeguato alla terapia convenzionale. La spondilite anchilosante è una patologia che fa parte delle spondiloartriti sieronegative e che interessa prevalentemente la porzione lombare della colonna vertebrale e le articolazioni sacroiliache. La spondilite anchilosante secondo stime ha una prevalenza compresa tra lo 0,1 e l’1,4%; colpisce prevalentemente soggetti giovani, al di sotto dei 45 anni, con una prevalenza per il sesso maschile. Inizialmente si manifesta con dolore e una lombalgia cronica, che dura tipicamente per più di 3 mesi, con caratteristiche di tipo infiammatorio; se non trattata, può portare a una situazione invalidante con difficoltà nella deambulazione e nello svolgimento delle attività quotidiane. La diagnosi precoce è fondamentale per l’efficacia del trattamento, ma l’aspecificità dei sintomi può ritardare la diagnosi fino a 11 anni dalla comparsa dei primi segni di malattia. Poiché la patologia colpisce soprattutto soggetti giovani, l’impatto socio-economico è significativo: uno studio europeo ha evidenziato che i pazienti con spondilite anchilosante hanno una perdita media di reddito annuo di 1.371 euro, e una spesa aggiuntiva di 431 euro per assistenza sanitaria e costi legati alla malattia. Un’analisi condotta per determinare l’impatto economico legato alla gestione del paziente nella prospettiva del Ssn e della società ha concluso che una gestione terapeutica adeguata della spondilite anchilosante potrebbe ridurre sensibilmente i costi, specie quelli indiretti.
L’inventario terapeutico per la spondilite anchilosante si arricchisce ora di tofacitinib, JAK-inibitore orale che ha già dimostrato la propria efficacia nel trattamento dell’artrite reumatoide, dell’artrite psoriasica e della colite ulcerosa. “Tofacitinib fa parte di una classe di farmaci che sono in grado di inibire specifiche molecole, chiamate janus chinasi, implicate in maniera importante nell’attivazione del segnale infiammatorio da parte di diverse sostanze pro-infiammatorie”, dichiara il prof. Roberto Felice Caporali, ordinario di Reumatologia, direttore della Scuola di Specializzazione in Reumatologia Università di Milano e del Dipartimento di Reumatologia e Scienze Mediche ASST Gaetano Pini CTO Milano. “Semplificando, le janus chinasi trasmettono il segnale dall’esterno all’interno della cellula, quindi modulando la loro attività sono in grado di inibire tutti i meccanismi che si trovano a valle, in primo luogo il processo infiammatorio. Questa azione può rivelarsi utile in diverse malattie croniche caratterizzate da infiammazione come l’artrite reumatoide e altre in campo reumatologico e gastroenterologico. Tofacitinib si somministra per via orale e questo rappresenta un vantaggio per il paziente, che non deve ricorrere alla somministrazione per via parenterale, come succede per molti altri farmaci avanzati.”
Le patologie per le quali è indicato tofacitinib riguardano apparati e organi diversi, ma sono accomunate da alcuni meccanismi che sostengono il processo infiammatorio: “Per capire le correlazioni esistenti tra le artriti e le malattie infiammatorie croniche intestinali, basterebbe dire che almeno fino al 30% dei pazienti con colite ulcerosa può avere associate manifestazioni extra-intestinali, come le spondiloartriti, in quanto vi è un network di molecole pro-infiammatorie che accomuna le artriti alle malattie infiammatorie croniche intestinali”, spiega il prof. Alessandro Armuzzi, ordinario di Gastroenterologia Humanitas University, responsabile del Centro IBD Istituto Clinico Humanitas di Rozzano. “Il dato si spiega con la presenza di un substrato di predisposizione genetica e di alterazioni del microbiota intestinale comuni, che predispongono una certa percentuale dei pazienti con malattie infiammatorie croniche intestinali a poter sviluppare anche artrite. Inibendo la cascata infiammatoria, tofacitinib può agire su entrambe le patologie.”