Anche per le malattie cardiovascolari esiste una disparità di genere: le donne sono poco attente ai fattori di rischio, sottorappresentate negli studi clinici e hanno minori probabilità di ricevere trattamenti basati sull’evidenza, nonostante le patologie a carico di cuore e arterie causino complicanze più gravi e quindi prognosi peggiori nel sesso femminile, soprattutto con l’avanzare dell’età. Un nuovo approccio di genere arriva dallo studio RHEIA, che per la prima volta ha arruolato un campione di sole pazienti donne per valutare la strategia interventistica più vantaggiosa per il trattamento della stenosi aortica, patologia valvolare cardiaca più frequente in Italia dopo i 60 anni, dovuta a un malfunzionamento della valvola aortica che ostruisce il flusso di sangue dal ventricolo sinistro del cuore all’aorta. La malattia interessa un numero crescente di donne, in ragione del progressivo aumento dell’aspettativa di vita. Tuttavia, le donne affette da stenosi aortica giungono più tardi a diagnosi e trattamenti, in parte anche per le caratteristiche anatomiche della valvola e per la presenza di camere ventricolari di piccole dimensioni. I risultati dello studio RHEIA, presentati al Congresso della Società Europea di Cardiologia 2024, hanno dimostrato che esiste un intervento “a misura di donna” per la sostituzione della valvola aortica: le pazienti sottoposte a procedura mininvasiva di impianto valvolare aortico transcatetere (transcatheter aortic valve implantation, TAVI), hanno avuto esiti significativamente migliori rispetto alle pazienti sottoposte a chirurgia tradizionale “a cuore aperto” (surgical aortic valve replacement, SAVR), a conferma della necessità di implementare strategie terapeutiche, ma anche preventive e diagnostiche, specifiche per il genere femminile. Questi temi sono stati al centro della conferenza stampa Medicina di Genere in Cardiologia, recentemente svoltasi presso il Senato e a cui hanno preso parte rappresentanti politico-istituzionali ed esperti Clinici.
In Italia, le malattie delle valvole cardiache, principalmente stenosi aortica e insufficienza mitralica, colpiscono ogni anno il 13% della popolazione over65 (quasi 2milioni di casi) e fino al 20% degli over75. Per i pazienti affetti da stenosi aortica, è possibile ripristinare la normale funzione cardiaca mediante la sostituzione della valvola danneggiata. Lo studio RHEIA ha coinvolto 443 donne affette da stenosi aortica in 48 Centri di 12 Paesi europei, tra cui l’Italia, con l’obiettivo di comparare l’outcome clinico delle procedure mininvasiva e chirurgica. I risultati mostrano che il ricorso alla TAVI in alternativa alla chirurgia tradizionale consente di ridurre del -50% circa il rischio relativo di eventi sfavorevoli per la donna quali infarto, decesso o re-ospedalizzazione a 1 anno dall’intervento (8.9% TAVI vs 15.6% SAVR). Inoltre, la TAVI si associa a una minore durata della degenza ospedaliera e a un minor impatto sulla qualità di vita della donna, rappresentando l’intervento più efficace ed economicamente vantaggioso nelle pazienti donne over70.
“Lo studio RHEIA ha evidenziato le grandi potenzialità della TAVI nel raggiungimento di migliori outcome clinici e nella riduzione della spesa sanitaria per il trattamento della stenosi aortica in termini di ricoveri e ri-ospedalizzazioni”, afferma Cristina Aurigemma, del Dipartimento Scienze Cardiovascolari CUORE del Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS. “Si è riusciti finalmente a focalizzare l’attenzione sul fatto che la terapia ‘cucita’ sulle specifiche esigenze del paziente rappresenta il futuro della medicina, e che il genere è una variabile fondamentale e non più trascurabile, soprattutto in ambito cardiovascolare, anche alla luce dell’impatto delle malattie cardiovascolari che rappresentano la prima causa di decesso in Europa.”
Nonostante sia la malattia valvolare più diffusa nelle donne tra i 70 e gli 80 anni, la stenosi aortica – viene sottolineato nel corso dell’incontro – è ancora scarsamente riconosciuta, specie nelle fasi precoci, scontando l’approccio androcentrico tipico delle malattie cardiovascolari, che determina anche un ritardo nell’accesso alle cure. “In media le donne arrivano a una diagnosi più tardi rispetto agli uomini, e anche una volta ottenuta, vengono sotto-trattate nonostante la presenza di sintomi più severi”, afferma Cristina Meneghin, direttore della Comunicazione Scientifica, Fondazione Italiana per il Cuore. “Queste criticità sono dovute a una sottorappresentazione di genere negli studi clinici che vengono disegnati senza tener conto dei fattori di rischio cardiovascolare sesso-specifici, ma anche ad una bassa percezione del rischio da parte delle donne stesse che lo sottostimano ampiamente. La grande rilevanza dello studio RHEIA è legata al fatto che per la prima volta sono state coinvolte solo pazienti appartenenti alla fascia di popolazione più a rischio, ovvero donne in post menopausa.”
Oltre ai migliori esiti di salute e sulla qualità di vita della donna, il ricorso alla TAVI ha un impatto positivo sulla riduzione dei costi a carico sostenuti dal Ssn per il trattamento delle complicanze e le ri-ospedalizzazioni. “Stiamo assistendo ad un cambio di paradigma in favore di una Cardiologia ‘di genere’ che tenga conto delle differenze anatomiche e fisiopatologiche tra uomini e donne, […] per troppo tempo non […] adeguatamente considerate”, dichiara Domenico Gabrielli, presidente Fondazione per il Tuo Cuore – HCF Onlus. “Oggi abbiamo bisogno di studi specifici sul genere femminile a sostegno di una medicina sempre più personalizzata. Lo studio RHEIA ci dimostra quanto sia importante valutare il beneficio aggregato legato a specifici trattamenti e procedure che possono chiaramente determinare vantaggi clinico-sanitari, ma anche socio-economici.”
“Come presidente dell’Intergruppo parlamentare per le Malattie Cardio, Cerebro e Vascolari, ritengo sia fondamentale occuparsi di Medicina di Genere, soprattutto in Cardiologia”, afferma la sen. Elena Murelli, membro della X Commissione Affari Sociali, promotrice della conferenza stampa. “Le donne sono state a lungo sottorappresentate negli studi clinici e oggi anche l’intelligenza artificiale viene popolata prevalentemente da dati riferiti alla popolazione maschile. L’impatto delle malattie cardiovascolari, che rappresentano la prima causa di mortalità e di ricovero ospedaliero e tra le principali cause di disabilità nel nostro Paese, sottolinea l’urgenza di un impegno concreto e condiviso in favore della promozione della salute cardiovascolare, a partire dalle donne. Il valore dello studio RHEIA presentato […] è proprio quello di aver affrontato una tematica importante come quella della sostituzione della valvola aortica, nella prospettiva di genere. Ricordiamo che tutelare la salute delle donne significa tutelare la salute e il benessere di tutta la Società.”