
Il vaccino terapeutico italiano Tat, che agisce sulla proteina Tat, quella che permette la replicazione e la diffusione del virus a pazienti in terapia antiretrovirale (cART), si è rivelato capace di ridurre drasticamente (del 90% dopo 8 anni dalla vaccinazione) il “serbatoio di virus latente”, inattaccabile dalla sola cART. Sono i risultati emersi da uno studio italiano messo a punto dall’équipe guidata dalla prof.ssa Barbara Ensoli, Direttore del Centro Nazionale per la Ricerca su HIV/AIDS dell’Istituto Superiore di Sanità che lavora al progetto dal 1998. “Si tratta di risultati che aprono nuove prospettive per una cura ‘funzionale’ dell’Hiv, ossia una terapia in grado di controllare il virus anche dopo la sospensione dei farmaci antiretrovirali; un futuro libero dai farmaci antiretrovirali per i malati di Aids? Forse potrebbe non essere più un’utopia”, dichiara Ensoli. Una notizia certamente importante, ma che non risolve il problema dell’AIDS, poiché non previene la malattia. In questo caso si tratta infatti di un “vaccino terapeutico” che agisce solo dopo aver contratto la malattia; il trattamento è in grado di stimolare il sistema immunitario del paziente infetto, consentendo di ridurre o addirittura abolire i farmaci per la terapia cronica. Sicuramente un gran passo in avanti.
Otto i centri clinici in Italiani che hanno preso parte alla ricerca: Ospedale San Raffaele di Milano, Ospedale L. Sacco di Milano, Ospedale San Gerardo di Monza, Ospedale Universitario di Ferrara, Policlinico di Modena, Ospedale S.M. Annunziata di Firenze, Istituto San Gallicano – Istituti Fisioterapici Ospedalieri di Roma, Policlinico Universitario di Bari. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Frontiers in Immunology.