Durante la progressione tumorale, le cellule cancerose possono colonizzare altri organi, incluso il fegato, dando origini a metastasi epatiche, caratterizzate da una modesta risposta alle terapie farmacologiche attuali, compresa la più recente immunoterapia. Tale resistenza alle terapie farmacologiche nelle metastasi epatiche è associata alla scarsa attivazione delle cellule immunitarie presenti nel fegato. Un gruppo di ricercatori dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica SR-Tiget ha messo a punto, in modelli sperimentali, una nuova strategia di terapia genica in grado di ingegnerizzare in vivo alcune cellule immunitarie del fegato (i macrofagi epatici o cellule di Kupffer), con l’obiettivo di “riattivarne” le risposte immuni. Gli studiosi sono riusciti a prevenire la tossicità sistemica e a modulare il microambiente tumorale da immunosoppressivo ad attivante la risposta anti-tumorale, ottenendo così un’inibizione della crescita di metastasi. I risultati, pubblicati su Cancer Cell, sono il frutto di uno studio coordinato dal prof. Luigi Naldini, direttore del San Raffaele Telethon Institute for Gene Therapy SR-Tiget e ordinario all’Università Vita-Salute San Raffaele, e da Mario Leonardo Squadrito, project leader dell’Unità Targeted Cancer Gene Therapy. I dati ora gettano le basi per un futuro sviluppo clinico di una nuova strategia genica per i pazienti affetti da metastasi al fegato. Primi autori sono Thomas Kerzel e Giovanna Giacca, che hanno partecipato allo studio per il conseguimento del Dottorato di Ricerca. Il lavoro è stato sostenuto principalmente dal programma 5 per mille di Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro e dalla Fondazione Regionale per la Ricerca Biomedica.
METASTASI EPATICHE
La presenza di metastasi epatiche di tumori gastrointestinali, come il carcinoma del colon-retto e l’adenocarcinoma duttale del pancreas, è un fattore prognostico negativo. Nonostante i progressi nei trattamenti farmacologici, come gli approcci immunoterapeutici e quelli mirati al tumore, l’opzione terapeutica più efficace rimane la resezione chirurgica, che però non è applicabile a tutti i pazienti e spesso ottiene un successo parziale. L’elevata incidenza di metastasi epatiche è in parte attribuita al microambiente tumorale immunosoppressivo di questo organo, che inibisce le risposte immunitarie protettive e attiva, al contrario, una serie di meccanismi pro-tumorali. “Da alcuni anni ci stiamo concentrando sull’utilizzo di tecniche di terapia genica anche in ambito oncologico, e questo studio è un nuovo esempio del nostro impegno”, spiega Naldini. “Il nostro obiettivo è rispondere al bisogno insoddisfatto di quei pazienti affetti da metastasi epatiche ormai inoperabili per cui ad oggi non sono disponibili trattamenti curativi.”
TERAPIA GENICA E METASTASI AL FEGATO
I ricercatori del San Raffaele hanno messo a punto una nuova piattaforma di terapia genica, basata su vettori lentivirali, che permette di ingegnerizzare in maniera selettiva i macrofagi del fegato. I macrofagi hanno un ruolo importante nel regolare le risposte immunitarie. Se da un lato contribuiscono a difenderci dalle infezioni, dall’altro lato quando sono attirati in prossimità di un tumore possono invece sopprimere le altre cellule immunitarie e favorire la crescita neoplastica. “Con questa nuova piattaforma, possiamo somministrare i vettori direttamente in vivo – con una singola infusione endovenosa – che raggiungono selettivamente i macrofagi del fegato ed in particolare quelli attirati nelle metastasi”, afferma Squadrito. I macrofagi modificati geneticamente rilasciano molecole immunostimolanti, in particolare interferone di tipo I (IFNα). IFNα ha un ruolo importante nel risvegliare il sistema di difesa del nostro corpo, stimolando i linfociti T (che riconoscono e neutralizzano le cellule tumorali). “Con il nostro approccio possiamo riprogrammare il microambiente tumorale verso l’attivazione immunitaria. Tuttavia – continua Squadrito – abbiamo notato che alcuni meccanismi nel fegato (che, ricordiamo, tende a sopprimere le risposte immunitarie) creano resistenze anche allo stesso IFNα. Abbiamo quindi combinato il rilascio di IFNα con un’immunoterapia già utilizzata per altri tumori e basata sul blocco di recettori inibitori dei linfociti: questa combinazione ci ha permesso di rinforzare ulteriormente la risposta immunitaria contro le metastasi.”
Grazie a un microambiente più permissivo, instaurato in seguito all’ingegnerizzazione dei macrofagi, l’immunoterapia ha dimostrato un alto successo terapeutico in topi di laboratorio con metastasi epatiche da cancro al colon e al pancreas.