L’ipertrofia prostatica benigna (IPB) determina l’aumento volumetrico della prostata, la piccola ghiandola attraverso cui passa l’uretra, condotto che dalla vescica porta l’urina verso l’esterno. Quando la prostata si ingrossa, va a comprimere proprio l’uretra, ostacolando la fuoriuscita dell’urina. Il getto urinario si indebolisce progressivamente e le minzioni diventano sempre più frequenti. La patologia è progressiva e peggiora negli anni. Se non adeguatamente trattata, può provocare un danno permanente alla vescica che, nei casi più gravi, può perdere la capacità di contrarsi e svuotarsi.
Come per molte patologie, le prime terapie sono in genere farmacologiche, e prevedono farmaci alfa-bloccanti oppure inibitori della 5-alfa-reduttasi. Quando però i trattamenti farmacologici non risultano efficaci, si rende necessario l’intervento chirurgico tradizionale (TURP) oppure, sempre di più, il ricorso a tecnologie laser, come il laser a luce verde che può essere impiegato senza la sospensione degli anticoagulanti e consente, quindi, di trattare pazienti con situazioni complesse o portatori di dispositivi. Il raggio di luce verde sprigiona energia e calore secondo una specifica lunghezza d’onda; proprio in virtù della lunghezza d’onda è possibile agire sui tessuti in modo efficace ma “delicato”, trattando con precisione e potere coagulante anche zone piccolissime, senza coinvolgere i tessuti circostanti. Il laser verde funziona come un vero e proprio “bisturi immateriale” in grado di recidere, vaporizzare e coagulare i tessuti in modo estremamente preciso. La procedura è consolidata, apprezzata dagli urologi e rientra nella pratica clinica quotidiana delle principali strutture ospedaliere.
Di recente introduzione, invece, il sistema a vapore acqueo che molti urologi convenuti a Firenze hanno salutato come una delle autentiche “rivoluzioni terapeutiche” messe a punto per l’ipertrofia prostatica. La procedura non chirurgica si basa sulla termoterapia e utilizza la corrente di radiofrequenza per generare energia termica sotto forma di vapore acqueo, da iniettare nella prostata in dosi controllate di 9 secondi. Il totale delle “somministrazioni” previste per ogni seduta è stabilito dall’urologo, in base alle condizioni del paziente. Il vapore iniettato nel tessuto prostatico si disperde attraverso lo spazio interstiziale tra le cellule tissutali. Mentre si espande, il vapore si raffredda e si condensa, liberando l’energia termica immagazzinata nel vapore e determinando la denaturazione delle cellule. Successivamente, le cellule denaturate vengono assorbite dal normale metabolismo corporeo, riducendo così il volume del tessuto prostatico che occlude l’uretra.
La minima invasività, la rapidità e facilità di esecuzione della procedura non comportano necessariamente il ricovero ospedaliero. La procedura può essere effettuata anche in day hospital, in condizioni di massima sicurezza per il paziente. Questo aspetto ha riscontrato un elevato consenso sia da parte degli urologi sia dei pazienti consentendo, anche nella recente emergenza Covid-19, di trattare una patologia spesso “non differibile” anche senza ospedalizzazione, prevenendo i rischi di infezioni e contagi, riducendo le liste d’attesa, abbattendo i costi legati agli interventi chirurgici tradizionali. Si aggiungano i risultati del trattamento visibili dopo 1 mese, la rapida ripresa delle attività quotidiane e vantaggi clinici di grande importanza, quali la preservazione della normale funzione sessuale (erezione e eiaculazione) e il mantenimento della corretta funzione urinaria.
“Alla indiscussa efficacia della procedura, che denatura ed elimina il tessuto prostatico in eccesso senza ricorrere alla chirurgia, il sistema offre una serie di benefici che ampiamente ne legittimano il ‘gradimento’. Oltre a preservare intatta la funzione urinaria senza fenomeni di incontinenza, il sistema non presenta infatti alcuna controindicazione per la sfera sessuale e consente di ridurre in modo significativo le terapie farmacologiche”, commentano specialisti riuniti a Firenze per affrontare queste tematiche, e che già hanno impiegato il nuovo trattamento. Il meeting, tenutosi all’Hotel Baglioni, ha visto la partecipazione di 140 urologi provenienti da tutta Italia per confrontarsi su una patologia che viene diagnosticata ogni anno a oltre milioni di uomini italiani.
“La termoterapia con il vapore acqueo è una tecnica veramente innovativa – dichiara Aldo Franco De Rose, urologo e andrologo, presidente dell’Associazione Andrologi Italiani – in quanto può essere praticata in anestesia locale (mediante la semplice puntura anestetica della prostata) e consente realmente di conservare l’eiaculazione, a differenza di tutte le altre tecniche chirurgiche ma anche di alcuni trattamenti farmacologici, come la silodosina, che seppure efficace nel consentire la ripresa minzionale spontanea, quasi sempre, abolisce l’eiaculazione.”