Le fratture da fragilità causano disabilità complesse, morbilità, riduzione della qualità di vita, limitazione funzionale e inoltre quelle vertebrali e femorali aumentano il rischio relativo di mortalità. In particolare, per le fratture di femore l’incidenza è sostanzialmente sovrapponibile a quella per ictus e carcinoma mammario. L’impatto economico di una patologia così diffusa è naturalmente molto elevato. È stato stimato che in Italia il costo per il trattamento delle fratture da osteoporosi superi i 7 miliardi di euro all’anno, di cui “soltanto” 360mila per la prevenzione farmacologica secondaria che riduce sensibilmente il rischio di nuove fratture. Dai dati OsMed, emerge che il 77% degli italiani che soffrono di osteoporosi e non hanno mai avuto problemi di fratture segue una terapia specifica. Un dato positivo, probabilmente frutto delle campagne di sensibilizzazione rivolte in particolare alle donne che in menopausa sono più a rischio. È necessario tuttavia spostare ora l’attenzione sui pazienti già fratturati che a oggi non seguono cure adeguate.
Pilastri della terapia sono i bifosfonati, il denosumab e il teriparatide, sempre in associazione con la vitamina D, visto l’elevato impatto epidemiologico che ha l’ipovitaminosi D nel nostro Paese, in particolare negli anziani: l’80% presenta livelli non ottimali, in molti casi estremamente bassi. Ai pazienti anziani, va perciò riservata la dovuta attenzione, anche perché sono tra i più a rischio di abbandono delle cure. “Sono pazienti afflitti da diverse malattie croniche e, dovendo assumere molti farmaci, spesso presentano problemi di compliance. Per questo – spiega il prof. Paolo Falaschi, Coordinatore SIGG Italia Centrale – la gestione farmacologica dell’osteoporosi nell’anziano è particolarmente delicata.”
In tema di cronicità, è molto critica la situazione di chi soffre di patologie reumatiche croniche come l’artrite reumatoide e le connettiviti. “Considerando l’elevata prevalenza dell’osteoporosi fra questi pazienti, spesso trattati con corticosteroidi, occorre diffondere il più possibile tra di loro una maggior consapevolezza del problema, che deve essere poi affrontato con terapie appropriate”, sottolinea Maurizio Rossini, coordinatore del Gruppo di studio dell’osteoporosi e delle malattie metaboliche dello scheletro della SIR. “L’importanza dell’artrite reumatoide e delle connettiviti come condizione di rischio per fratture osteoporotiche è stata recentemente riconosciuta dall’AIFA nella nuova nota 79, e dal Ministero della Salute nei nuovi LEA, che ora prevedono l’esecuzione della densitometria a carico del SSN in numerose malattie reumatiche. Peraltro è stato recentemente dimostrato un ruolo dell’autoimmunità nella patogenesi dell’osteoporosi, e che prevenire e trattare quest’ultima può contribuire alla riduzione delle complicanze ossee di malattie come l’artrite reumatoide.”
Non sono da trascurare nemmeno le persone con malattie endocrine. “Sono diverse le patologie come per esempio l’ipertiroidismo e l’iperparatiroidismo, che hanno l’osteoporosi come importante complicanza. Indubbiamente queste nuove Linee Guida aggiornate rivestono un ruolo importante anche nell’approccio clinico a questi pazienti”, afferma la prof.ssa Maria Luisa Brandi, della SIE.
NUOVE STRATEGIE TERAPEUTICHE E PREVENZIONE
In futuro, le terapie saranno ancora più mirate: l’FDA, l’ente statunitense che controlla il mercato dei farmaci, ha recentemente approvato l’abaloparatide, un analogo del PTH (l’ormone paratiroideo implicato nella regolazione del metabolismo del calcio e del fosfato a livello osseo) che si è dimostrato in grado di ridurre l’incidenza delle fratture; inoltre sono in fase avanzata di sperimentazione due anticorpi monoclonali anti sclerostina, proteina che ostacola la neoformazione ossea. La promessa di farmaci più efficaci non deve però distogliere l’attenzione dai fondamenti della prevenzione, sia primaria che secondaria. “La regolare attività fisica è un importante fattore protettivo per l’osteoporosi e un adeguato programma riabilitativo è in grado di ridurre il rischio di fratturarsi, migliorare il recupero e ridurre le complicanze dopo una frattura”, precisa il prof. Giovanni Iolascon, membro del Consiglio direttivo della SIMFER. “Un allenamento costante basato su esercizi personalizzati di rinforzo muscolare e di rieducazione all’equilibrio e alla deambulazione è in grado di diminuire negli anziani sia il rischio di caduta che di traumi correlati.”