
In Italia è cominciata la terza fase dell’epidemia. Tra febbraio e aprile abbiamo avuto la fase più drammatica, con una crescita paurosi di infezioni e decessi che ha costretto al lockdown. Da fine maggio è arrivata la ritirata, più lenta e oscillante, che ha portato al crollo del numero dei nuovi casi e all’abbattimento pressoché totale di ricoveri e decessi. Ad agosto, ancor prima che finissero le vacanze, è iniziata la risalita. Una risalita che sembra però diversa dalla precedente, ma con molte incognite soprattutto per i prossimi mesi invernali. Certamente, a differenza della prima fase, oggi si fanno numerosi test sierologici, più tamponi, anche con risultati immediati, mentre prima questo genere di indagini erano raccomandate solo a persone con sintomi e venivano rifiutate anche a familiari asintomatici. Proprio la maggiore possibilità di identificare gli asintomatici capaci di trasmettere il virus e di individuare fin da subito le persone con malattia lieve ma non gravissima determina una delle differenze rispetto alla prima fase. Inoltre, anche i sistemi di prevenzione adottati dalla popolazione sono migliorati così come più sicure e rapide sono diagnosi e isolamenti. Le persone più fragili, come i ricoverati in RSA, sono certamente più protette rispetto al passato. Accanto a questo, sono migliorate le cure domiciliari e ospedaliere, più mirate. E tra annunci e smentite, aspettiamo il vaccino, anzi i vaccini.