Secondo alcuni ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia, potrebbe essere presente una maggiore trasmissibilità di SARS-CoV-2 tra le persone con gruppi sanguigni compatibili. L’idea dei gruppi sanguigni compatibili era stata sollevata da Adrien Breiman e altri colleghi dell’Università di Nantes (Francia) nel 2020. All’epoca, era stato ipotizzato che i virus, replicandosi all’interno di un ospite, si “vestano” di molecole delle quali sono “vestiti” anche i globuli rossi e altre cellule del nostro corpo. In pratica, accadrebbe qualcosa di analogo a quanto avviene per le trasfusioni: se un virus passa a un individuo non compatibile dal punto di vista del gruppo sanguigno, il nostro sistema immunitario reagisce dunque attaccando l’“intruso” e debellando l’infezione sul nascere.
Più recentemente, Giancarlo Ruocco – a capo del team del Center for Life Nano & Neuroscience dell’Iit di Roma – ha sviluppato insieme al proprio gruppo un modello matematico predittivo che supporta l’ipotesi di una trasmissione più probabile tra soggetti con gruppi sanguigni compatibili, seguendo in pratica le stesse regole delle trasfusioni. In particolare, lo studio dell’Iit ha utilizzato una gran mole di dati pubblici sulla distribuzione dei gruppi sanguigni e l’andamento dell’infezione in 78 Paesi ponendoli in relazione con l’andamento del contagio nelle primissime fasi, prima della chiusura e prima dell’utilizzo delle mascherine. La ricerca è stata pubblicata su PloS One. Una volta verificato sperimentalmente, il modello potrebbe fornire ulteriori indicazioni per il controllo i contagi.