Tumore del colon-retto: efficace l’associazione di panitumumab e 5 fluorouracile

Arriva in Italia la dimostrazione di efficacia sullo schema terapeutico più a misura di paziente che combina l’anticorpo monoclonale anti EGFR, panitumumab, con 5 fluorouracile (5-FU), diminuendo la tossicità della chemio nella terapia di mantenimento per il tumore del colon retto. Lo studio Valentino, un trial italiano coordinato dall’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, ha infatti documentato come l’utilizzo di questa combinazione consenta di ottenere un efficace controllo della malattia accompagnato da un sensibile miglioramento della qualità di vita dei pazienti, riconducibile alla possibilità di evitare l’impiego dell’oxaliplatino e la tossicità ad esso associata.

Nello studio di Fase II randomizzato sono stati arruolati complessivamente 229 pazienti selezionati dal punto di vista molecolare (status wild-type, ovvero non mutato, dei geni RAS) provenienti da 29 centri diversi, distribuiti su tutto il territorio nazionale. Il disegno dello studio prevedeva che i pazienti fossero sottoposti a 8 cicli di terapia con panitumumab più FOLFOX-4 (oxaliplatino, acido folinico, 5-fluorouracile) per essere successivamente randomizzati a una terapia di mantenimento con panitumumab e 5-FU oppure panitumumab in monoterapia.

“Lo studio Valentino si propone di perfezionare l’utilizzo di trattamenti già disponibili nella pratica clinica, sia dal punto di vista della strategia di trattamento, sia del miglioramento dell’outcome per i pazienti e, in ultima analisi, della loro qualità di vita”, afferma Filippo Pietrantonio, ricercatore al Dipartimento di Oncologia ed Emato-Oncologia dell’Università Statale di Milano e coordinatore dello studio presso l’Istituto Nazionale Tumori (INT). “L’obiettivo era stabilire quale terapia di mantenimento fosse la più efficace tra la combinazione panitumumab e 5-FU versus panitumumab in monoterapia, riducendo il carico di tossicità dell’oxaliplatino. Fino ad oggi, infatti, esistevano scarsissime evidenze su quale fosse la strategia di mantenimento con i farmaci anti EGFR, come panitumumab, in pazienti che ottengono un iniziale controllo di malattia dopo induzione con una chemioterapia standard associata al farmaco biologico.”

Lo studio ha dimostrato che la terapia di mantenimento con panitumumab e 5-FU consente di evitare al paziente l’esposizione all’oxaliplatino garantendo la medesima efficacia ma con un guadagno importante in termini di qualità di vita. “Questo è un risultato notevole – sottolinea Pierantonio – perché ci dice che possiamo eliminare la componente di tossicità della chemioterapia, mentre la prosecuzione della terapia biologica, nello specifico il panitumumab, consente di prolungare a lungo termine i benefici ottenuti inizialmente. La prospettiva è utilizzare tutta l’enormità di materiale, sia clinico, sia biologico raccolto in questo studio per poter identificare dei sottogruppi di pazienti che possono beneficiare in particolar modo di alcune strategie di trattamento specifiche.”

Si tratta di una novità importante per i pazienti, anche in considerazione dei numeri di questa patologia che rappresenta il secondo tumore in termini di nuove diagnosi sia negli uomini (15% dei nuovi tumori, preceduto da quello della prostata) sia nelle donne (13%, preceduto solo dal tumore della mammella) e di cui nel 2017 si sono registrati in Italia 53.000 nuovi casi. Spesso (15-25% dei casi) al momento della diagnosi sono già presenti metastasi, mentre nel 25% circa queste si manifestano entro un anno. Si stima che complessivamente fino al 50% dei pazienti con carcinoma del colon retto sviluppi delle metastasi nel tempo.

“Siamo lieti dell’importante traguardo raggiunto dallo studio Valentino e assai grati all’INT ed agli sperimentatori per avere voluto includere il nostro farmaco Vectibix nel loro protocollo sperimentale”, conclude Ermanno Paternò, Executive Medical Director di Amgen Italia. “La ricerca clinica indipendente italiana in oncologia si conferma di grande qualità e fornisce contributi importanti volti ad ottimizzare i vari approcci terapeutici a beneficio ultimo dei pazienti.”