
Da anni si parla dei diritti negati ai prostatectomizzati. I diritti di genere appunto, i diritti di un paziente oncologico a cui, per estirpare il tumore ne consegue, in più del 70% dei casi, il deficit di erezione, o, cosa ancora più spiacevole, la perdita di urine, anche in modo copioso, per fortuna con incidenza più rara. In pratica, il soggetto può rimanere incontinente, anche grave, e come per il deficit erettivo non può essere curato perché i presìdi non figurano nei LEA, e quindi gli interventi verrebbero fatti in perdita per almeno 13-15mila euro. E poiché i Direttori Generali devono “far quadrare i conti”, ecco che viene rifiutato l’acquisto di protesi peniene e sfinteri artificiali, rispettivamente per deficit erettivo e incontinenza grave. Questa è la realtà. Una realtà certamente “crudele” ma che spinge pazienti a curarsi in Strutture private, pagando di tasca propria interventi e protesi. Ma non è tutto. Al mancato acquisto dei presidi, almeno nel 90% dei casi si associa la mancanza di posti nelle Sale Operatorie, occupate da interventi oncologici, da ritenzionisti che attendono da 2 anni l’intervento di disostruzione prostatica, da urgenze dei calcoli renali, etc.
Il primo passo, per accendere i riflettori su un argomento così importante e delicato, è stato fatto nel novembre 2022, con un grande convegno a Milano dal titolo Tumore alla Prostata, Quali Diritti Dopo la Chirurgia?, cui nel tempo sono seguiti iniziative e interventi per ricordare, in contesti diversi e a pubblici differenti, che i diritti degli uomini che abbiano subìto un intervento di prostatectomia – o altri trattamenti oncologici per la prostata – non sono ancora riconosciuti e che, contrariamente alle donne, che da tempo, dopo un intervento di mastectomia, trovano ascolto, tutele e prospettive, per i pazienti di sesso maschile esiste una sostanziale diversità di genere che non concerne solo gli aspetti clinici e terapeutici ma quelli burocratici, della tutela, dei diritti.
Eppure, se questo accade, un motivo dovrà pur esserci: Scarsa sensibilità politica? Cattiva comunicazione da parte di chi rappresenta le categorie dei pazienti? Incapacità delle Società scientifiche a presentare nei giusti modi il problema? Senza voler colpevolizzare – né assolvere – nessuno, diciamo che la realtà, a oggi è una sola: protesi peniena e sfinteri artificiali non sono inseriti nei Livelli Essenziali di Assistenza.
Forse un modo ci sarebbe: dar vita a quelle forme di Medicina integrata tra Pubblico e Privato in cui si riesca ad affrontare in modo diverso il problema, riuscendo a dare una risposta alle migliaia di pazienti che non sono solo prostatectomiazzati, ma diabetici, giovani traumatizzati a seguito di incidenti stradali, e soggetti sofferenti di induratio penis plastica. È un percorso che è iniziato in Liguria; speriamo possa concretizzarsi e fare da apripista per altre Regioni italiane.
In ogni caso, se ne riparlerà mercoledì 09 aprile 2025, a Milano, in occasione del convegno, promosso da DBI e ospitato presso IAS Boston Scientific, intitolato – non a caso – Il Tumore alla Prostata, Diritti di Genere Dopo la Chirurgia.