C’è chi porta una piccola cicatrice sul volto, chi invece ha il “timbro” della malattia sul torace o in altre aree del corpo. E per molte persone, soprattutto in età avanzata, c’è il rischio di una “riaccensione” del virus, che comporta il doloroso “fuoco di Sant’Antonio”. L’infezione è sottovalutata e in pochi sanno che esiste un vaccino. Lo dimostra una ricerca di Datanalysis su 500 genitori che hanno avuto il figlio ricoverato per la malattia: solo l’8,9% sapeva dell’esistenza di un vaccino, quasi il 95% degli intervistati considera significativo l’impatto della patologia in termini di disagio. Almeno due genitori su tre consiglierebbero a mamme e papà di ricorrere alla vaccinazione perché non rivivano la loro esperienza. Prima della vaccinazione la malattia provocava circa mezzo milione di casi in Italia ogni anno, con il 3-5% di complicazioni che spesso rendevano necessario il ricovero. La situazione è radicalmente cambiata con la diffusione della vaccinazione in diverse Regioni che ha portato ad un drastico calo dei casi e delle ospedalizzazioni: da tempo Sicilia, Puglia, Toscana, Veneto Basilicata, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Sardegna e più recentemente Liguria, Campania e Marche hanno inserito nei loro Calendari vaccinali la vaccinazione anti-varicella in offerta attiva e gratuita. Inizia il periodo a rischio: inverno e primavera sono le stagioni in cui si manifesta il maggior numero di casi. A rischio soprattutto i bambini. La vaccinazione anti-varicella comprende due dosi di vaccino, una al secondo anno di vita e una in età prescolare; generalmente è somministrata in concomitanza con la vaccinazione contro morbillo, parotite, rosolia, grazie anche alla disponibilità di vaccini combinati morbillo-parotite-rosolia-varicella che consentono la vaccinazione contro le 4 malattie con una sola iniezione.
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