La vitiligine è una malattia che colpisce le cellule della pelle (melanociti); queste, per diversi motivi, non producono più la melanina, cioè il pigmento responsabile della colorazione della cute, per cui si formano delle chiazze chiare che possono essere localizzate o generalizzate. La vitiligine non è una malattia contagiosa. I soggetti a più alto rischio sono i diabetici, l’ipo o ipertiroideo, nei casi di alopecia areata e anemia perniciosa.
In alcuni pazienti con vitiligine si ottiene una ripigmentazione superiore con l’impiego sia di una sospensione di cellule epidermiche (ECS) che di una sospensione di cellule follicolari (FCS); nei casi di vitiligine generalizzata, in quella acrofacciale e nelle chiazze vitiliginose a livello dei siti ossei, questi stesse metodiche risultano difficoltose per una ripigmentazione soddisfacente. Tuttavia, per alcuni ricercatori del Postgraduate Institute of Medical Education and Research di Chandigarh, queste sospensioni rappresentano metodi chirurgici consolidati per il trattamento della vitiligine, portano a esiti analoghi e necessiterebbero di un affinamento per ottenere i risultati desiderati. A questo scopo, coordinati dal prof. Davinder Parsad, hanno condotto uno studio su 30 pazienti, ottenendo dei risultati molto promettenti: “Lo studio – spiega Parsad – dimostra che il trattamento con FCS è correlato a una maggiore conta cellulare a livello dei follicoli piliferi e a un maggior livello di fattori di crescita melanocitari rispetto a quello con ECS”. Il nuovo approccio proposto potrebbe essere impiegato nella pratica clinica per ottenere una ripigmentazione ottimale nella vitiligine difficile da trattare e nelle situazioni in cui sono necessari risultati più rapidi. Attualmente il trattamento chirurgico non ha sempre successo, specialmente nelle regioni acrali e ossee. Lo studio propone un metodo per aumentare il tasso di successo con la semplice procedura addizionale dell’aggiunta di una FCS. La ricerca è stata pubblicata su JAMA Dermatology online 2018.